SPOILER, IL POST E’ POLEMICO, MA NON TROPPO.
In questi giorni mi è capitato di fare alcune riflessioni, in seguito ad alcuni fatti.
Poniamo il caso, molto ipotetico che un film venga mandato in selezione a diversi festival cinematografici. Poniamo anche l’ipotetico caso (non voglio essere tendenzioso, via) che tra questi festival ce ne siano in egual misura di italiani e di stranieri.
Bene, dopo aver frullato tutto questo ad altissima velocità, proviamo a vedere il risultato di questo beverone.
Selezioni festival italiani zero. I festival stranieri, invece molto felici di averci.
Libero da polemiche, il mio pensiero immediato è stato: “ho fatto un film che fa cagare, pazienza, capita”.
Ma poi mi è venuta in mente la frase di Agata Christie “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.

Che sia davvero che ormai nel cinema di montagna in Italia abbiamo bisogno di storie ambientate in Himalaya, in Yosemite o in qualche landa del grande nord? Le storie sulle nostre montagne sono così banali?
Non conosco la realtà cinematografica straniera, ma conosco quella italiana. Si cerca di trovare sempre nuove formule per poter raccontare qualcosa di trito e ritrito: l’uomo e la montagna, la fatica di salire, l’avventura estrema. E quindi via di racconti sul filo della morte, immagini mozzafiato, personaggi incredibili (quasi tutti ormai passati a miglior vita, il defunto tira molto), in un gioco dove vince quello che attira più curiosi, come in un carrozzone di stranezze umane. Dal quale poi esci deluso perchè scopri che la donna barbuta è una cicciona con una barba finta incollata e l’uomo più alto del mondo è un tipo che cammina sui trampoli.
Ci ritroviamo perciò ad avere i (pochi) festival in Italia che fanno cinema di montagna, costretti a dover fare “joint venture” con qualsiasi attività che sia fatta in montagna per poter attirare più gente possibile e sostituire chi ormai ai festival non va più perchè ne ha piene le tasche. Per cui via di serate sulla pastorizia d’alta quota, corsi di pittura degli scorci dolomitici, serate a tu per tu con Messner dove pure lui ha i coglioni pieni di dover dire sempre più o meno le stesse cose. E film stranieri, tanti, tantissimi film stranieri.
Non so, non credo di essere io a dover dare una soluzione, ma posso dire con fermezza che mi mancano i crampi alle braccia durante le proiezioni. Nel senso che in certi film, mi immedesimavo talmente tanto che quando si riaccendevano le luci, avevo stretto talmente tanto i braccioli della poltrona che gli avambracci mi pulsavano come se avessi ripetuto un 7c. Mi mancano quelle storie dove dovevi nascondere la faccia facendo finta che ti facesse prurito la testa, ed invece ti asciugavi le lacrime che scendevano. Mi mancano quelle storie dove alla fine dicevi:”Che avventura!”
Come fare per riavere tutto questo senza che per forza ci si debba rivolgere ai nostri amici stranieri?